Albero della Vita – Yggdrasil

Albero della Vita – Yggdrasil, da sempre, l’uomo ha cercato nel suo quotidiano, sia tramite l’esperienza materiale sia spirituale, di esprimere il personale bisogno di certezze e speranze attribuendo valore ed importanza ad elementi che senza difficoltà potesse riconoscere e ritrovare nella propria realtà oggettiva. Ovviamente la sua attenzione fu colpita da tutto ciò lo circondasse, per questo il mondo animale e vegetale risultarono i più ricchi di spunti ed ispirazione: ad ogni evento naturale, come anche a ciascun essere che in qualunque modo interagisse con lui, l’uomo conferì significati specifici, investendoli ed innalzandoli a figure ricche di valore simbolico. E’ facile quindi capire come sia stato logico guardare all’albero come ad una manifestazione che andasse oltre a ciò che si percepiva. Gli alberi sono ovunque, -per questo è il più affermato tra tutti i miti-, crescono nelle condizioni più diverse, ad ogni latitudine e con ogni clima ed il legame che hanno con l’uomo è sicuramente uno dei più forti, profondi e secolari.
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L’albero è un grande alleato dell’uomo: fin dai tempi più remoti, all’origine della vita sulla terra, esso ci ha protetto, dato rifugio e sollievo, ha donato cibo per la nostra sussistenza e concesso il suo legname che ci ha permesso di costruire una immensa quantità di beni utili per l’uso ordinario.
Inoltre, l’albero racchiude nella sua essenza il concetto stesso della vita: il minuscolo seme che cade a terra, il tempo e l’acqua che fanno il loro corso ed ecco che la pianta inizia ad espandersi, svilupparsi e propagarsi, divenendo sempre più florida e generosa, producendo anch’essa nuovi semi che a loro volta genereranno un nuovo e rigoglioso ciclo vitale, in un continuo fluire che lo rende immortale, nel suo processo di crescita ed evoluzione. Dalle antiche culture dell’area mediterranea, passando dalla giudea-cristiana, tutte le nordiche come pure le sudamericane e le asiatiche, l’albero è costantemente presente nella storia e nella tradizione popolare.
Tanti sono gli appellativi a lui attribuiti, ma sicuramente il più fedele alla sua natura è ALBERO della VITA, così come albero cosmico, del mondo, del centro, sino ad arrivare all’albero sefirotico della Cabala; ciò nondimeno, può essere definito altresì della conoscenza, della vita e della morte, della sapienza.
L’albero, inteso come rappresentazione della vitalità del Cosmo, è visto nel suo aspetto di rinnovamento, rinascita e rigenerazione, allegoria della vita in costante movimento e trasformazione, in perenne estensione verso il cielo a sottolinearne la sua tendenza in un’instancabile trasfigurazione per porta inevitabilmente ad una ricorrente morte e rinascita.
Tale immagine si esprime specialmente con gli alberi a foglie caduche, i quali si sfrondano e rinverdiscono periodicamente, mettendo in evidenza questa loro caratteristica, aspetto legato anche all’albero da frutto, al quale viene associato soprattutto il carattere dell’offerta del cibo, inteso come nutrimento benefico perché portatore di acqua; al contrario, la percezione dell’eternità ed immutabilità è data da tutte le piante sempreverdi.
Questa sua natura ci porta anche ad associarlo al concetto di verticalità: esso riunisce in se i tre livelli del Cosmo, il sotterraneo, più nascosto ed occulto, dove esso affonda le sue radici e dalla profondità assimila le sostanze vitali, la superficie terrena, dove il fusto ed i rami primari si sviluppano, unica superficie utile all’uomo per poter entrare in contatto con esso facilmente ed in modo tangibile, ed infine il cielo, spazio infinito dove le fronde più alte si estendono ed assorbono tutta la luce del sole; tale modello mette chiaramente in correlazione il mondo segreto degli Inferi con la parte celeste del cielo ponendo l’albero nel mezzo come tramite tra di loro, asse del mondo che consolida e rinsalda il suo carattere centrale.
Inoltre, nell’albero si ritrovano tutti i principi naturali: l’acqua che mescolata alla linfa viene messa in circolo, la terra che si fonde con le radici, l’aria che soffiando tra il fogliame lo nutre e sostiene, ed infine il fuoco che si produce dallo strofinamento del suo legno.
In passato, molti alberi vennero considerati sacri, anche se tale venerazione fu più spesso legata all’essenza che essi rappresentavano -essa stessa oggetto di culto- che manifestandosi in essi li legava alla devozione di diverse divinità: dalle antiche civiltà preelleniche sino alle culture nordiche, agli alberi venivano dedicati riti, offerti sacrifici ed eseguite danze in loro onore, le loro fronde mosse durante le cerimonie come segno di purificazione e per scacciare gli spiriti maligni.
Sicuramente, l’albero si presta ad essere paragonato ad ogni tipo di struttura che comporti evoluzione e progresso, per questo amplia il suo significato in contesti quali la famiglia e la società: da un piccolo nucleo di due persone che si uniscono, genitori, ne giungono delle altre, figli, i quali a loro volta perpetueranno la crescita creando così una società, che a sua volta porterà alla formazione di un paese e di una nazione…non a caso, la cronaca di una famiglia è appunto chiamata albero genealogico!
In relazione a ciò sono certamente determinanti i luoghi nei quali nascono e si formano tali credenze; come già accennato, sono tantissime le culture che ritengono gli alberi esseri magici.
Per i popoli nordici, essi hanno valenze e importanze differenti: per i Galli era la Quercia il riferimento, mentre i Germani associavano al Tiglio sacralità e superiorità, in Siberia la Betulla ed il Larice ricevevano gli onori nelle cerimonie, e la tradizione scandinava vedeva nel maestoso Frassino Yggdrasill l’Albero del mondo, capace di agire ed operare per il bene degli uomini e del creato; albero cosmico, percorre e si muove nei mondi della realtà divenendo immagine di trasformazione e cambiamento, rappresentando l’esperienza della contemplazione religiosa.
Nelle usanze celtiche, ai druidi -considerati individui molto sapienti- era riservato il titolo di uomini dell’albero: questo attributo era legato agli antichi riti che venivano celebrati da questi sacerdoti in luoghi particolari, delle aree naturali quali boschi di querce, radure all’interno di grandi foreste come anche tumuli o sul culmine di colline, considerati boschi sacri, nemeton, veri e propri santuari a cielo aperto dove scorreva un forte e maggiore flusso energetico.
Nella società islamica, e mediterranea in generale, è l’Olivo la pianta consacrata, invece in India e nelle civiltà induista e buddhista è il Baniano, Ashvattha il Fico Sacro o Albero della Bodhi, la varietà di Ficus Benghalensis.
Anticamente, rappresentando il Fico si personificava il Buddha stesso: tuttora venerato, lo si ritrova stilizzato come coroncina sulla punta degli stupa.
Gli antichi Egizi, nella valle del Nilo, adoravano Palme e Sicomori, piante necessariamente legate all’acqua e quindi alla vita; in Cina l’albero chien-mu, legno diritto, è al centro del mondo e con i suoi nove rami, le sue nove radici che raggiungono i nove cieli e le nove fonti, sede del regno dei morti, fa si che i re possano salire e scendere su di lui per poter svolgere il loro compito di mediatori tra la terra ed il cielo, tra gli esseri viventi e le divinità.
Nelle credenze sudamericane, l’albero della vita si trova in Messico, vicino ad Oxaca, dove el Arbol del Tule, L’Albero di Tule, un esemplare di Ceiba ritenuto l’albero più grande e più vecchio del mondo, da secoli attira a sé l’interesse di una moltitudine di persone che lo visita ed ammira per la sua grandiosità e maestosità: chiamata Yaxchè, o Yax-Cheel, tale pianta era il fulcro dell’universo Maya, che attribuiva alle sue radici la propria origine e provenienza.
Questa leggendaria civiltà, maestra nello studio del cielo e di tutto ciò lo riguardi, conferiva ad una parte della Via Lattea, Wakah Chan, la definizione di Albero della Vita.
Per le tribù native del nord America, l’albero era piantato al centro dell’area dove si svolgeva la danza del sole, il momento più alto e significativo dei rituali per queste genti, corrispondente al palo totemico che si innalzava nel mezzo dell’accampamento, così come era nel punto mediano nella tenda siberiana, ed in molte culture indo-europee: questa posizione dominante dell’albero è fondamentale, simbolo di un elemento che ci raccoglie e riunisce, ci protegge e cresce con noi, allegoria della vita stessa dell’uomo, nascita-vita-morte, nostro parallelo primordiale.Anche nel Paradiso cristiano l’albero è al centro del giardino nel quale passeggia Dio, metafora della Vita ed associato ad un altro famoso albero, quello del bene e del male, dal quale Eva spiccò il frutto vietato e condannò se stessa e l’umanità al dolore ed alla sofferenza, con tutte le conseguenze del caso…
In questa tradizione come in quella ebraica ed orientale, all’albero si accomuna la vita dello spirito, dove il tronco è associato al diffondersi della dottrina ed i rami sono la rappresentazione dell’operato dei santi e dei mistici; visto come immagine femminile, si lega alla madre terra, anch’esso subisce trasformazioni ed il suo produrre frutti lo spinge inevitabilmente a paragonarlo alla capacità della donna di generare.
Questo ci porta nelle antiche culture medio orientali, dove per esempio nella mitologia siriana esso, soprattutto se da frutto, è simbolo di fertilità e fecondità, raffigurato sempre in corrispondenza di sorgenti, fonti e corsi d’acqua: in queste aree così brulle e desertiche, è chiaro che l’acqua e tutto ciò le è vicino sia fatalmente correlato alla vita; nella tradizione rurale ed agreste dell’Asia Minore, l’albero è immagine di regalità e potere, di forza e magnificenza.
Nella stessa storia nordica ad alberi quali il Pino e l’Abete sono sempre stati attribuiti poteri femminili come la procreazione, la capacità di moltiplicare il verde nel creato e raffigurazione dell’energia vitale sulla terra.
Risulta anche evidente come all’albero fu riconosciuto un simbolismo sessuale, sia maschile per la sua forma fallica, sia femminile per la presenza di cavità che riportano alla grotta-grembo materno, elemento necessario dell’essenza della donna, e che quindi ad esso sia attribuito un principio maschile e femminile allo stesso tempo.
Come si è potuto notare, anche se per pochi e limitati cenni, l’albero ha veramente affiancato la storia dell’uomo da sempre, realtà ben più remota della nostra esistenza.
E’ dunque comprensibile come anche nel campo artistico tale soggetto sia stato ampiamente impiegato: già anticamente fu sviluppato come motivo decorativo su diverse tipologie di oggetti, dai tradizionali tappeti persiani afshari e safavidi, sino a decorazioni di ceramiche e manufatti.
Una nota a parte è sicuramente da riservare alla pittura ed all’abbellimento di edifici, fossero essi chiese ed altri luoghi.
Veramente lungo sarebbe l’elenco se tutti gli esempi venissero citati, ci limitiamo ad una breve carrellata: dagli antichi dipinti ed incisioni di Egizi e Greci ai bassorilievi risalenti al IX sec. della Mesopotamia, agli affreschi conservati al Museo Nazionale di Città del Messico che raffigurano il dio Tlaloc rappresentato con il simbolo dell’Albero della Vita; ancora, esempi significativi in Siria ed in Turchia.
L’Oriente è ricco di decori ed ornamenti con il motivo dell’Albero della Vita, dalle stoffe ai gioielli alle decorazioni di palazzi: straordinaria, un vero gioiello estetico, è la finestra della moschea di Sidi Saiyyed, a Ahmedabad, nella regione del Gujarat, nell’India Occidentale.
In Italia, splendido il mosaico realizzato sul pavimento della Cattedrale di Santa Maria Annunziata ad Otranto, opera risalente al 1165, nel basso Medioevo, dal monaco Pantaleone; stesso tipo di opera, riconducibile al XII sec., la si trova a Roma, nella Basilica di San Clemente.
Ancora, nella prima metà del trecento, lavori simili vengono eseguiti con lo stesso tema, da Pacino di Buonaguida, nel Convento delle Clarisse a Monticelli, vicino Firenze, e sempre a Firenze, nel refettorio di Santa Croce, come pure nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo, da uno sconosciuto autore.
In epoca moderna, sono senz’altro da ricordare tre tra i maggiori artisti conosciuti: Gustav Klimt, con il celeberrimo pannello compiuto per Palazzo Stoclet, a Bruxelles tra il 1905 ed il 1909, Henry Matisse creò la vetrata nella Cappella di Vence, in Francia, e Marc Chagall, il più visionario, anch’egli con una vetrata nella Chiesa di Santo Stefano a Magonza, in Germania, e l’altra nella Cappella dei Penitenti a Sarrebourg, in Francia, due opere di grande impatto emotivo ed artisticamente straordinarie.